lunedì 26 agosto 2013

Sturmundlettentruppen


Che ci volete fare, siamo governati da questo qui. Il bello de zio in versione "proteggo tutto tranne le palle, che tanto non ho", ha avuto, se non altro, il potere di rimettermi di buonumore dopo un inizio di giornata abbastanza fetuso. L'effetto ilarità da associazione con le Sturmtruppen di questo condottiero armato di fuciletto a tappo che ha ribadito l'impegno italiano a difendere le piantagioni in Afghanistan, costi quel che costi, è però svanito presto. 
Ma ci pensate che questo genio, che un Nouriel Roubini sotto l'effetto di sostanze e da squalificare per doping ha definito oggi sul Pude Pravo, "una persona seria e rispettata a livello internazionale" (ma forse li stava solo prendendo solo per il culo, dài), potrebbe cadere per lo sgambetto del solito personaggio che da vent'anni condiziona, sinistra permettendo, i destini di questo paese?

Certo, è ovvio, a toglierci il sonno in queste notti deve essere il pensiero che Violante sia in ambasce per le sorti del suo tecnico televisivo preferito, di nuovo in pericolo, e che Fassino sia ancora fermo tra la casella della banca e quella della barca, motivato nella vita solo dal cambio di consonante. Forse è proprio questo, il timore che questo meraviglioso governaccio di incapaci con la prevalenza del piddino e l'obbligo del controfagotto del PDL stia per tirare le cuoia, che ci provoca il risveglio precoce alle quattro di mattina, con la civetta fuori che urla, le gambe che non trovano riposo e tutti i pensieri più foschi che iniziano a tormentarti.

Come faremo, si chiedono attoniti gli italiani, senza il Giovannini e il suo ottimismo della volontà, per il quale la crisi è finita e forse è stato tutto solo un sogno, un inception di qualche mercato cattivo e invidioso dell'euro? 
Come sopravviveremo senza la Kyenge, che da quando è diventata ministro non fa altro che accusare i suoi connazionali (nel senso di italiani) di razzismo e che, a sentirla parlare, dà l'impressione che Rosa Parks non sia ancora nata e che l'Italia sia il Sudafrika dell'Apartheid? Come proseguirà la nostra vita con il rimpianto di cosa mai avrebbe potuto fare la canoista per noi se quella zozza IMU non si fosse messa di mezzo?
E poi il delirio di Delrio, il sorrisetto da banchiere di Saccomanni (anche lui con l'ipotesi crisi come episodio psicotico acuto ormai superato grazie agli psicofarmaci governativi), il "saggio" Quagliariello, la "cosa" Cancellieri, il duo Mauro-Bonino, quelli che si sono arresi prima che la guerra fosse cominciata, i Lupi, le De Girolamo con le Lontre Volanti, la Carrozza fantasma, nel senso che si dice nessuno l'abbia mai vista, la Lorenzin con le mani in mano per fortuna. 
E poi le Fontanelle, gli inconsistenti, le anime d'o priatorio: Fassina, Moavero Milanesi, Trigilia, Franceschini, D'Alia, Bray. Scheletrucci senza stele, morti senza nome. Una prece e una strusciatina al cranio, che porta buono.

Io sto già elaborando il lutto, non so voi.

mercoledì 14 agosto 2013

Chiamatemi Isabelita


Tutto sommato, se Marina Berlusconi non scenderà in politica e preferirà rimanere a guardia della robba con quel bel piglio da rottweiler con lo smokey-eyes espressionista sarà solo un bene per tutti (anche se con i Berlusconi mai dire mai). Tentare di tenere in piedi una dinastia già condannata dall'usura del tempo e dagli interessi superiori sovranazionali, con un vecchio leader ormai sul carrello dei bolliti, andando a pescare tra i parenti, non porta mai bene, né alla famiglia né al paese in oggetto. Soprattutto ai paesi che sono sotto il grande occhio della shock economy, alla quale un bel giro di vite antidemocratico con la scusa dell'ingovernabilità e dell'inadeguatezza dei proconsoli porta sempre innegabili vantaggi e quindi meglio non facilitarle le cose mettendo sul trono o sulla poltrona presidenziale l'Isabelita di turno.


Isabelita, già. Terza moglie di Juan Peron, già eletta vicepresidente-consorte alle elezioni del 1973, l'anno dopo, alla morte del marito, diventa presidenta con l'improbo compito di puntellarne politicamente la mummia e offuscare Evita nel ricordo degli argentini. In una situazione economica spaventosa, tra iperinflazione e stagflazione curate con le solite ricette mortali pro-cicliche, così funzionali all'instaurazione di dittature (vedi Germania inizio anni '30), Isabelita regge per un po' e inizia la repressione contro gli oppositori politici firmando il decreto 261/75, detto dell'"annientamento dell'azione di sovversione" che dava carta bianca alle forze armate e proseguirà nella "guerra sucia" costata migliaia di desaparecidos. Per la serie: le donne quando governano sono migliori degli uomini.
Nonostante l'impegno di Isabelita, come ringraziamento, due anni dopo, nel 1976, i militari preferirono deporla e governare in proprio con la junta dei Videla, Massera ecc.

Fin qui la storia di un paese solo apparentemente lontano e diverso dall'Italia. Sono già stati fatti paragoni tra la situazione attuale italiana e quella argentina. Stesso aggancio ad una moneta straniera sopravvalutata rispetto ai fondamentali nazionali, una classe politica corrotta fino al midollo e interessata solo alla propria sopravvivenza, crisi di debito sovrano, fantasmi di default. 
Non vogliamo esagerare con lo stuzzicare i corsi e ricorsi storici. Però, a questo punto, anni fa dicevo sempre che una dittatura come quelle sudamericane non sarebbe mai stata instaurata da noi perché eravamo in Europa e l'Europa ci avrebbe protetto. Benedetta giovanile ingenuità e ignoranza dei fatti economici! Ci avrebbe protetto fintanto che la shock economy non fosse sbarcata sul vecchio continente per completare il puzzle mondiale con l'ultimo pezzo mancante. Finalmente a casa!
Ora ci siamo, e vedendo cosa sta facendo di noi PIIGS l'Europa (specifichiamo: la Germania e soci), non possiamo proprio più stare tranquilli. Abbiamo già avuto un golpettino nel novembre 2011. Meglio non sfidare ulteriormente la sorte.

mercoledì 7 agosto 2013

Il gesto del gatto


"La recessione è finita", dice Saccomanni, bocconaro ministro dell'economia del governo Lettiera, e l'italiano sente, stupisce e s'incazza. L'effetto Matrix è evidente. Quante realtà stiamo vivendo contemporaneamente? Perché il gatto è già passato?
C'è una fenomenale discrepanza tra la percezione della realtà del ministro e dei suoi compari e la realtà quotidiana di un paese in caduta libera verso la decadenza nella povertà, dove non si sa da dove cominciare per descrivere il disastro. Il settore edilizio è paralizzato dal collo in giù, l'industria langue in attesa di essere rilevata per quattro soldi da mani straniere, l'italiano perde il lavoro, chiude l'azienda e il negozio se è imprenditore o commerciante. Questo è un paese dove la domanda interna è bloccata dall'incertezza per il domani e dalla sfiducia. Iniettate sfiducia nel capitalismo e lo ucciderete. Altro che comunismo.
L'Italia è un paese dove i suicidi per disperazione di chi non ha il culo al caldo al ministero e ha già piazzato la patrizia prole nei posti che contano grazie ai fratelli reazionari di grembiule, stanno diventando ormai non-notizie, rischiando di venire occultate da media compiacenti per non far male al re ed ai banchieri così ottimisti e giocondi. 
Letta, al pari del suo bocconaro, vede "un segno congiunturalmente positivo". Se ascoltate le pagine economiche dei telegiornali serali, a proposito di media reggisacco, è tutto uno spargere ottimismo con lo spruzzino, vedere segni di ripresa, grazie ovviamente alle mirabolanti imprese del governo colaborazionista piddino con la complicità dei pidiellini.

Facciamo alcune ipotesi su questo paradosso. O si è aperto un portale verso una realtà parallela alla nostra disastrosa nella quale le politiche ultraliberiste pro-cicliche e shockeconomiche hanno effetti keynesiani e queste due realtà coesistono in un contesto dove il nostro gatto passa allegramente dalla vita alla morte, oppure Saccomanni, Visco (che il nostro gatto non sceglierebbe mai) e i compagni di merende mentono spudoratamente, senza ritegno e alla faccia dei loro connazionali in ambasce. Sperano che qualcuno arrivi a salvarli ma temo che se aspettano notizie da Berlino faranno bene a mettersi il cuore in pace. Verrà un giorno molto presto che gireranno con i capelli cortissimi.

La rete si sta interrogando sulla natura delle sostanze allucinogene che il governo Letta utilizza prima di parlare con la stampa circa la situazione economica. Questi strafatti vedono la luce in fondo al tunnel, i ristoranti pieni, la fine della recessione e forse addirittura una nuova età dell'oro.
Non c'è bisogno di essere menagrami come Roubini (in realtà solo un benedetto uomo pragmatico) per dire che la recessione, che vive e lotta insieme a noi, finirà solo a fronte di una radicale inversione a U nelle politiche di deregulation finanziaria a livello internazionale e dopo la rimodulazione dell'architettura europea non solo a livello monetario. Finanza senza controllo e vincolismo dell'euro non sono robette che si risolvono con un colpo d'anca di una sciantosa piddina qualunque, seppure nipote di cotanto zio.
Hanno voglia di millantare chissà quali conquiste. Non è stata rimossa una sola delle tante cause della crisi sistemica finanziaria del 2008 e della conseguente crisi dell'euro. La cura Monti è stata come una di quelle chemio di una volta che ammazzavano il paziente. Di che parlano? Cosa si fumano o pippano?

Il governo ricorda il gesto del gatto, di ricoprire per cortesia la cacca con la sabbia. Il problema è che una volta piena la Lettiera puzza.
Ma questi ministri ridanciani fanno pensare anche a Marie Antoinette, chiusa nel mondo dorato del Petit Trianon con gli insulsi cortigiani a giocare con le caprette mentre fuori già si monta la tagliateste del Dottor Guillotin. Ah, Place de la Concorde...

lunedì 5 agosto 2013

Scene di caccia al falso in Bassa Riviera


In queste domeniche d'estate mi capita di andare al mare usufruendo di un comodo servizio pullman che, partendo dalla mia città,  mi scarica a pochi passi dallo stabilimento balneare a Milano Marittima. Un servizio che è utilizzato prevalentemente da decine di africani impiegati nel settore commercio abusivo di falsi griffati. 
Non pensate siano dei poveri disgraziati. Generalmente vestiti bene, puliti, ("tirati a cazzuola", come si dice dalle mie parti), donne truccate e ingioiellate e tutti muniti di telefonino, con il quale, in meno di un nanosecondo, si comunicano l'un l'altro la presenza del controllore o della Finanza nei paraggi grazie, evidentemente, a basisti sul territorio.
Perché di solito, su venti, solo due timbrano il biglietto, tre dicono di avere l'abbonamento e gli altri semplicemente montano su con borse enormi o sacchi di plastica pieni di roba senza dire beo. Però, se sul pullman sale il controllore, alla fermata successiva, quando ne salgono degli altri, hanno tutti il biglietto in mano. Questa, a casa mia, è organizzazione.

Ieri ho assistito a questa gustosa scenetta. Dopo che i fratelli erano saliti tutti è arrivato un enorme fagottone portato da una donna che, con fare molto energico e in perfetto italiano, ha intimato all'autista di aprire il portabagagli perché lei non ce la faceva a farlo salire a bordo, il fagottone.
Alla richiesta il conducente, un ragazzo dall'accento partenopeo, ha risposto che, visto il genere di mercanzia, lui non era tenuto ad aprire alcun bagagliaio. La volitiva africana ha insistito ancora un po', ne è nato un breve battibecco che è finito da un lato in senegalese stretto e dall'altro in kitemmuort e alla fine il bagagliaio è rimasto chiuso e la tipa si è adattata a trascinarsi il fagottone appresso.

Una volta partiti si è creato un legame, come quelli che si stabiliscono tra compagni di stanza in ospedale, tra gli unici bianchi a bordo: io, il conducente e una ragazza moldava.
L'autista ci spiegava che, in caso di controllo della Finanza, era lui, come responsabile delle persone e degli oggetti trasportati, a potersi beccare paradossalmente il verbale e la multa e non i passeggeri trasportanti la merce illecita.
Al che gli ho raccontato l'episodio accaduto due settimane prima, sempre sullo stesso pullman.
Stessa configurazione di base: 3-4 bianchi, una ventina di neri. All'arrivo a Milano Marittima, dietro una curva troviamo la Finanza che ci ferma. Gli agenti salgono a bordo e iniziano a perquisire i bagagli dei fratelli. Qualcuno tenta di scappare ma viene fermato con il classico "non sgamare, vieni qua ragazzo". Ascolto questo dialogo provenire da fondo pullman:

Finanziere - "E queste borse di Dolce&Gabbana di chi sono?"
Passeggeri - (muti)
Finanziere - "Allora, ripeto la domanda, di chi è questa valigia con le borse?"
Passeggeri - "Mah, non lo sappiamo, non è di nessuno". (Sembra "Chi è che ti ha accecato, fratello ciclope?" "Nessuno è stato, nessuno!")
Finanziere - "Ah, vabbé".

La yellow flame sequestra come proforma un borsone con dentro quattro cazzabubbole, saluta i pochi bianchi a bordo, scende, raggiunge i colleghi e se ne va. Nessun verbale, nessuna contravvenzione. Sipario, fine del primo atto.


Quando arrivi sulla spiaggia la commedia prosegue. Loro, gli africani, ci provano a stendere la merce in prima fila lungo il mare (lo so che devo trattenermi dall'utilizzare il termine fascista "bagnasciuga"): borse origginali perfettamente imitate soprattutto di Prada e Louis Vuitton, orologi-patacca, portafogli griffati. 
Dopo un po', rifacendo la passeggiata in riva al mare al contrario, noti che le bancarelle sono sparite perché nel frattempo sono arrivati i quad con i vigili biancovestiti che le hanno fatte sbaraccare. I fratelli sono acquattati dietro ai gabbiotti dei bagnini e la merce è misteriosamente sparita. Non si sa bene se perché sequestrata dalla Polizia o semplicemente fatta sparire con un incanto patronus dai venditori.
Pare abbiano nascondigli un po' ovunque. Mi dicevano che l'anno scorso le autorità avevano trovato un vero e proprio deposito sepolto sotto la sabbia in una di quelle colonie fatiscenti abbandonate che ancora si affacciano sulla spiaggia. Il telefonino è fondamentale. Un passaparola, un sms, loro scappano nelle retrovie e la merce sparisce.
Andati via i vigili, a volte ritornano (i mercanti), ristendono le lenzuolate di Vuitton e il gioco ricomincia fino a sera.

Mi chiedevo, durante un soggiorno marino a Cesenatico in giugno, come mai lì le bancarelle non vi fossero e gli unici abusivi fossero alcuni sparuti cingalesi che giravano tra gli ombrelloni con le loro collanine. Escludendo l'ipotesi squadroni della morte, come pure quella di una straordinaria efficienza dell'opera di contenimento e repressione del reato, rimane la spiegazione economica. E cioè che a Cesenatico non vi sia un frullo tale di MILF danarose disposte a spendere 90 euro per il Prada-tarocco come a Milano Marittima. Per cui Cesenatico è una piazza sulla quale non conviene investire e amen. 
La percezione della presenza del ricco sulla spiaggia ancora tra le più sciccose della Romagna si nota anche dalla sharmelsheikizzazione del territorio. In spiaggia il bianco è continuamente tempestato di richieste perché percepito dal popolo dei mercanti della globalizzazione multicolor come soggetto danaroso da spremere che non aspetta altro che di comperare compulsivamente collanine, braccialettini, cover per i-Phone, gabbiette con finti uccelli gracchianti, aquiloni, radioline moleste, infila-ago (con relativa imposizione di dimostrazione pratica) e naturalmente firme taroccate. Che non vede l'ora di farsi cinque o sei massaggi al giorno, tatuaggi temporanei e treccine rasta.

Come ci ha spiegato Saviano, il mercato dei falsi  è fatto di falsi per modo di dire. Una parte del compenso che va dalle griffes committenti alle organizzazioni criminali che controllano la manifattura a basso costo degli oggetti rivenduti poi a peso d'oro, consiste nel poter produrre una quantità di "falsi" con gli stessi materiali con i quali vengono prodotti gli originali. Da smerciarsi poi nei canali ritenuti più opportuni.
Ecco perché la falsa borsa costa non meno di 70-80 euro, a volte il doppio di quanto paghi l'originale nel circuito outlet e questa è la riprova che si tratta di mercato gestito dalla criminalità organizzata, che utilizza come veicoli "poveri extracomunitari" che, secondo il buonismo piagnone del meraviglioso mondo piddino, si "guadambano solo la ggiornata" e invece sono parte integrante di un sistema florido e ben organizzato di commercio illecito. Capace di tirar fuori una certa spavalderia e strafottenza al momento opportuno. Che agisce praticamente indisturbato sul territorio. Perché sicuramente nessuno ha mai chiesto al senegal chi è il capo che gli fornisce la roba e lo è andato a prendere di conseguenza. E io, come cittadina, mi sento un po' presa  per il culo, dico la verità

Addendum. Per non aver fatto una ricevuta di otto euro, una volta e quella volta sola, ho beccato il verbale della GdF e l'azienda ha ricevuto una multa successiva di seicento euro. Ad un bar della mia città è stato contestato che il numero di cioccolatini serviti per cortesia, secondo il principio 1:1 con il caffé, fosse inferiore al numero di caffé venduti. Ergo evasione fiscale, verbale e multa salatissima. 
Ieri maxicontrollo nei luoghi di vacanza vip per la serie: "colpire un orefice per educarne cento". Per carità, l'evasione esiste e va repressa ma, secondo me, guardando il quadro generale dell'illecito in commercio in Italia dalla giusta distanza e con la dovuta obiettività, non ci siamo proprio.


venerdì 2 agosto 2013

Lettera di un'italiana stanca di guerra al dottor Silvio Berlusconi



Egregio Dottor Berlusconi,

all'indomani della sua condanna definitiva in Cassazione per frode fiscale e dopo averla ascoltata nell'accorato videomessaggio a feudi televisivi unificati, nel quale come al solito ha orbitato autisticamente attorno a sé stesso, mi permetto di rivolgerle un appello e, per farlo, parto da una necessaria premessa.

Come saprà e si sarà accorto, essendo uomo di mondo e combattente nel mondo degli affari, siamo in guerra e il famoso paese che ama, l'Italia, si trova in una situazione paragonabile a quella nella quale si trovò alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tra macerie materiali e morali. Un paese sottomesso ed occupato non da eserciti stranieri contrapposti ma da un potere elitario sovranazionale che non usa più i cannoni e i bombardieri per conquistare territori e Lebensraum ma il ricatto economico, o meglio finanziario, e quel vecchio arnese del capitalismo che è il mercantilismo nei confronti dei paesi "periferici" (si faccia spiegare da quel ragazzo sveglio di Brunetta di cosa sto parlando). 
L'Italia è quindi attualmente sottomessa al mercantilismo tedesco (ebbene si, ci stanno riprovando, i nostri eterni alleati/persecutori) ed è in svendita, pronta per essere ceduta per quattro soldi per disperazione; multinazionali e imprese estere che si sono arricchite in surplus grazie ad un sistema monetario cucito su misura per il culone della Germania stanno  osservando i nostri assets migliori, ovvero ciò che è rimasto dalle privatizzazioni selvagge dei primi anni '90 (si, non me lo dica, furono Prodi e gli altri, lo so) con la stessa concupiscenza che lei riserva alle "segnorine" che allietano le sue nottate.
I suoi amati imprenditori cadono uno dopo l'altro impallinati dai cecchini dello straniero e non parliamo dei fantaccini, dei lavoratori, che muoiono come mosche nelle trincee della disoccupazione, del precariato e dell'incertezza, con la prospettiva di un futuro di povertà. Come vede, ho dovuto risalire più indietro, alla Prima Guerra Mondiale, per rendere ancor meglio l'idea della tragedia epocale che stiamo vivendo.

Chieda sempre a Brunetta o, meglio ancora, a quell'esperto contabile che è Giulio Tremonti, di spiegarle il problema dell'euro, del vincolo ad una moneta straniera che ci sta impedendo letteralmente di respirare, stringendoci in una morsa mortale fatta di richieste irricevibili e soprattutto impossibili da soddisfare, nel nome non dell'Europa ma di un folle Quarto Reich. I suoi servitori hanno votato mansueti il Fiscal Compact  (assieme agli altri, non si preoccupi, di loro parleremo) ma mi viene da pensare che nemmeno lei che è un grande imprenditore si sia reso conto di cosa veramente significhi l'obbligo al pareggio di bilancio.
Già il vincolo al 3% del rapporto tra debito e PIL voluto dall'Europa era assurdo ma, lei che è pratico, capirà che il pareggio, quello 0% è, oltre che assurdo, ridicolo e offensivo per le nostre intelligenze. Se lo faccia spiegare il perché, perché Brunetta lo sa, anche se finge di non saperlo. E Tremonti conosce anche come uscire dalla trappola. Il piano B c'è, e sospetto che ci sia sempre stato. Sapendo che ci sarebbe concesso di uscire dall'Unione Europea come prevede il Trattato di Lisbona, ancora più a ragione potremmo uscire dall'euro. Non lo sapeva? Non è colpa sua. Neanch'io lo sapevo fino a poco tempo fa e pochissimi italiani lo sanno, soprattutto coloro che stanno appassionandosi al destino del loro paese e si informano ogni giorno a riguardo dove l'informazione riesce a passare.

Se poi non dovesse fidarsi di Brunetta e Tremonti, sappia che ci sono economisti, giuristi e d esperti in altre materie, tutta gente con i controfiocchi, che non aspettano altro che di raccontare al pubblico cose che si sapevano già da decenni e che erano previste dai libri di economia, oltre che realizzatesi in precedenti storici drammatici. E cioè che l'euro, come qualunque vincolo ad una moneta troppo forte, senza sovranità monetaria, sarebbe stato la rovina di questo paese.
Mi ricordo per altro che lei, periodicamente, in questi quasi vent'anni in cui ha avuto modo di governare - pensando soprattutto ai casi suoi e di questo non potremo mai perdonarla - mi ricordo, dicevo, che ogni tanto la battuta sull'euro ebbe modo di farla. Di dire ciò che le sto dicendo adesso, cioè che era la nostra rovina. Poi però non ha mai fatto nulla di concreto a riguardo. Temo quindi che le sue parole fossero solo vuota propaganda, visto che l'euro è una creatura della sinistra - anche se in realtà strumento del peggior potere reazionario, e quindi il suo dargli addosso era un dare addosso ai "comunisti" senza però alcuna cognizione di causa.

Questa guerra, glielo ricordo ancora, è combattuta contro quella famosa classe media che lei ha sempre detto di voler proteggere e difendere dai nemici della libertà e che negli ultimi tempi le ha voltato le spalle perché, pratica e abituata alle cose concrete, si è resa conto che le sue erano solo chiacchiere e che il suo interesse per questo paese era, nei fatti, inferiore a quello che riservava alle puttane minorenni che andavano per i 35 ed ai suoi avvocati. Detto tra me e lei, quanti soldi sprecati in entrambi i casi!
Eppure, che siamo in guerra lei deve averlo capito definitivamente quando, nel novembre 2011, fu esodato da quel potere al quale si era illuso di iscriversi con quella famosa tessera tanti anni fa - lei troppo blagueur e nouveau riche per poter far parte dell'élite vera, e che in quel momento invece stava decidendo di metterla per sempre fuori gioco senza tanti ringraziamenti per i suoi passati servigi e con l'indispensabile aiuto di coloro che hanno tradito il loro elettorato e questo paese.
I ricchi veri sono così, guardano solo il pedigree, non amano il meticcio, nonostante sia più intelligente e resistente alle malattie.

L'ho ascoltata ieri sera, in quel patetico messaggio dove ha finito per fare l'imitazione della Guzzanti che imita lei. L'ho sentita vantarsi di non aver mai licenziato nessuno nelle sue aziende. Le ricordo due nomi eccellenti: Indro Montanelli ma soprattutto Mike Bongiorno che non aveva mai dubitato delle sue capacità di governo, a differenza del toscanaccio. L'ho sentita millantare di non aver mai fatto una fattura falsa. E qui migliaia e migliaia di commercialisti di basso livello si saranno rotolati dal ridere, visto che la fattura falsa: gonfiata, intestata alla ditta ma riferentesi a lavori in casa propria o inventata di sana pianta a fine anno, è pertinenza di una miriade di partite IVA, dal falegname, all'idraulico, all'imbianchino. Non tutti lo fanno ma così fan tutti. Ancora una volta non ha resistito a spararla più grossa degli altri e a tentare di passare per vergine intonsa.

Tornando a noi ed alla sua battaglia. Vede, continuo proprio a non capirla.  Parla ancora di sinistra come nemica. Ha la fortuna di avere avuto, come compagni di viaggio in questi diciannove anni, dei mansueti e disponibilissimi alleati proprio tra gli uomini della sinistra, via via decomunistizzatasi in nome delle fondazioni bancarie e dell'attaccamento alla miserrima soddisfazione della poltrona di Pilato di provincia. Gente che le ha sempre lasciato fare tutto ciò che ha voluto, che non l'ha mai dichiarata ineleggibile, che non ha mai cancellato nemmeno uno delle tante leggi ad personam con cui ha occupato il Parlamento per anni. Che l'ha resa padrone assoluto dell'etere giurando di non toccarle le televisioni, come sa anche l'onorevole Zio.
Se lo lasci dire, dottore, lei è un ingrato. Si ricordi che di amici come il D'Alema dei bei tempi non ne troverà più, ora che l'ala reazionaria dei fratelli l'ha condannata al pensionamento forzato.

Io non l'ho mai amata né tanto meno votata. Ho sempre saputo, in qualche modo, che lei sarebbe stato tutto fumo e niente arrosto. Uno di quei milanesi sbruffoni delle commedie all'italiana. I suoi processi a questo punto non mi interessano e, se proprio vuole saperlo, l'inchiesta su Ruby mi è parsa molto simile al pasticciaccio con annesso trappolone ai danni di Monsieur Dominique Strauss-Kahn, altro illustre morto di figa, se posso permettermi. Non mi interessano i suoi guai perché noi ne abbiamo di peggiori, se mi consente.
Penso però che, non avendo a questo punto lei nulla da perdere ma solo da guadagnare, come i proletari e come noi della classe media under attack, visto che al potere c'è gente che sta facendo peggio di quanto lei abbia mai fatto, potrebbe trovare un nuovo riscatto e una definitiva redenzione di fronte ad amici e nemici se volesse battersi per la causa dell'Italia e del suo salvataggio.
Ha un arma potente in mano ma temo che abbia paura di usarla. Un'arma che finora ha usato solo a scopi ludici e ipnotici e che invece potrebbe fare veramente male ai suoi nemici, che purtroppo sono anche attualmente i nemici dell'Italia. Dalle sue televisioni potrebbe raccontare la verità agli Italiani. Per la prima volta dopo tante bugie.
Insomma, se ha le palle, faccia l'unica cosa che le restituirebbe dignità di statista e farebbe ricredere qualcuno sulla sua utilità sociale, le tiri fuori. Sveli l'inganno dell'euro dai megafoni delle sue televisioni, smetta di piagnucolare e si rimbocchi le maniche come stanno facendo milioni di suoi connazionali.

Se non vuole farlo, allora la prego, la scongiuro. Non rompa i coglioni con il piagnisteo sulle sue disgrazie personali, sulla persecuzione giudiziaria, sull'accanimento della magistraturacommunistapoliticizzatademmerda nei suoi confronti.
Si astenga perché temo che la nostra pazienza di vessati e tartassati non durerebbe ancora a lungo a vedere il pianto in diretta del fantastiliardario. Sia gentile.

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